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Sara Enrico: “Tuta”, forma e politica

Unearth Desires, di Sara Enrico. Ph. Andrea Rossetti, Courtesy Vistamare
Unearth Desires, di Sara Enrico. Ph. Andrea Rossetti, Courtesy Vistamare
Come indagare le interferenze tra abbigliamento e scultura, materia e spazio, lavori che reagiscono a processi di trasformazione? Scoprendo The Jumpsuit Theme (2017-in corso), una serie di opere inedite di Sara Enrico (1979), concepite per la mostra personale Unearth Desires, attualmente in corso alla galleria Vistamare di Milano. Qui si trovano alcune sculture presentate alla 59ª Biennale di Venezia nel 2022, alle OGR di Torino nel 2023 e, lo scorso anno, al Castello di Rivoli per Ouverture 2024. Il tema centrale di queste opere è la tuta (jumpsuit), simbolo di comodità, comfort e modernità nel Novecento.

Enrico, nata a Biella, un importante centro di produzione tessile in Italia e sede della Fondazione Michelangelo Pistoletto, vive e lavora a Torino. In questo ciclo di opere, rivisita in chiave post-poverista il concetto di tuta, invenzione di Thayath (pseudonimo di Ernesto Michahelles), futurista che la progettò nel 1919-20 con la collaborazione del fratello Ram. Si trattava di un abito maschile avanguardista a forma di “T” sovrapposta a una “U”, dotato di due tasche e cintura, pensato per l’uso quotidiano: un passepartout economico e essenziale, in opposizione all’uniforme borghese dell’epoca, composta da giacca, pantaloni, camicia, cravatta e cappello.

Negli anni Settanta, la democratica tuta di jeans divenne simbolo di ribellione e della Controcultura. Indossata dai lavoratori, dagli operai in fabbrica e dalle donne nelle manifestazioni di rivolta, essa assunse nuovi significati politici e sociali, toccando anche tematiche legate all’identità di genere e alla riflessione sull’unisex, un tema molto attuale e centrale nell’identità del presente.

Nella sala centrale della galleria, il grande lucernario spicca come un catalizzatore di luce, incorniciando le quattro sculture iconiche, che giacciono comodamente sul pavimento. Queste “creature aliene” sembrano essere sul punto di muoversi per adattarsi allo spazio, seguendo la luce e tracciando una coreografia suggestiva di grande pathos sotto l’illuminazione fredda e artificiale. La ricerca di Enrico si concentra su concetti come superficie, materialità, corporeità, sartorialità, architettura e cultura digitale. Le sue sculture modellano abiti usati che assumono una forma antropomorfica, distinguendosi per una “scrittura” drammaturgica dello spazio espositivo, dove l’allestimento è concepito come parte integrante dell’opera.

Unearth Desires, di Sara Enrico. Ph. Andrea Rossetti, Courtesy Vistamare

Gli “attori” in scena, che siano sculture o tele realizzate in tessuti o altri materiali come la ceramica, portano con sé nuovi significati e effetti cromatici. Gli antropomorfismi che si estendono sul pavimento sembrano essere in continua trasformazione, dotati di una vitalità che è difficile raccontare. Queste forme sono capaci di registrare un gesto nello spazio e nel tempo, cristallizzando la consistenza fluida del passaggio dalla fase ideativa a quella della realizzazione. Le masse post-organiche sembrano ammiccare allo spettatore, abbracciando il concetto di naturale e sintetico, e si presentano ricoperte da una “pelle” segnata da tagli, cuciture, pieghe, con una carica erotica indefinibile, prefigurando nuove evoluzioni.

Per l’artista, la cura dell’aspetto scenografico, inteso come spazio della rappresentazione in sé, si fonde con la pratica del disegno sartoriale, concretizzando la dialettica tra geometria e forma nel taglio, cucitura e posizionamento nello spazio. Nella galleria milanese prendono vita morbide sculture – pitture di attrazione tattile, dove si intrecciano aspetti sartoriali e industriali all’insegna dell’ibridazione dei linguaggi. Sono forme archetipiche che aprono riflessioni sull’abitare il corpo nello spazio di un futuro ancora ignoto, dove moda, arte antica e design si fondono.

Le sculture di Sara Enrico potrebbero idealmente dialogare con quelle di Louise Bourgeois (1911-2010) e Lynda Benglis (1941), indimenticabili per l’esplorazione della sessualità femminile e lo studio del movimento e della torsione nelle loro sculture di lattice, di forte impatto metaforico e fisico. Le sculture di Enrico, come quelle delle sue contemporanee, sondano le interrelazioni fra realtà interiore ed esteriore, in cui corpo, natura e cultura instaurano un coinvolgimento intimo con lo spazio e lo spettatore. La mostra è visitabile fino al 15 marzo.

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